Un attimo di Casa

Un attimo ed entro in quella casa.

L’attimo di me che viaggio e guardo dal finestrino della mia auto.

La luce dalla finestra sembra accesa. E’ la luce fioca della cucina, quella di una lampadina un po’ impolverata al centro di un tavolo su cui posa una damigiana riempita di acqua.

Una luce fioca su una casa grigia, senza intonaco alle pareti, una casa per metà color cemento e per il resto di mattoni rossi.

Un a scaletta conduce ad una porta marrone con un grande pomello dorato.

E’ una domenica di primavera, sento il fresco e dolce vento che mi accarezza le spalle, il sole sta tramontando ed è quasi ora di cena.

Sto per aprire la porta che appare socchiusa. Vicino a me una strada deserta, non passano auto, non c’è rumore. Si sente solo l’eco di un il silenzio della domenica sera tra le strade di un paese di campagna , la tranquillità apparente della sera prima di un inizio sempre uguale.

L’attimo è passato ed io non ho avuto il tempo di aprire la porta, la mia auto è troppo veloce e la mia mano non è riuscita a fermarsi su quel pomello fino a scoprire la casa che presentava.

Avrei voluto ancora qualche secondo, un solo attimo per prolungare quel tempo, per entrare.

La malinconia mi assale.

L’angoscia di un momento non vissuto, di un attimo perso, di una giornata da cui sento di voler cogliere qualcosa che non so cos’è finche non entro lì, all’ingresso di quella casa.

E’ domenica e tutto sta per finire in quella tranquillità apparente che tra un’ attimo e l’atro potrebbe morire e farmi piangere.

No, non mi arrendo, ho ancora qualche ora e ci posso riprovare.

Di fronte a me vedo una sedia poggiata davanti ad un garage con la serranda abbassata. Nel mentre gli passo davanti, alzo lo sguardo alla porta finestra semichiusa su un balcone pieno di vasi senza fiori, posti l’uno sopra l’altro ad aspettare chi li riempie.

La tenda a rete per le mosche si muove lentamente.

Sto li sotto al piazzale, adolescente, a chiamare chi sta sopra, avverto che sto salendo e di aprirmi il portone.

Aspetto, ma nessuno apre ed io ho solo il tempo di passare in corsa con la mia auto. Anche stavolta non riesco a salire. Sicuramente erano usciti di casa e il tempo non è ancora dalla mia parte.

Pochi secondi non sono molti, l’auto sembra andare da sola ed io immobile davanti alle case che mi vengono incontro.

 Pochi secondi sono sufficienti a farmi entrare.

Una vetrata grande si poggia su un prato verde scuro. Uno scivolo di plastica ci si specchia fermo, triste che la domenica sta per finire e dovrà aspettare per giocare.

Sono su quello scivolo e guardo attraverso la finestra una famiglia di persone che sta apparecchiando un tavolo già apparecchiato da pranzo. Si rimane quell’ora in più, per tardare la fine di un giorno insieme. .

Stavolta mi prendo quei secondi solo per osservare, non ho il tempo di trovare la via per entrare.

Ora mi è venuta fame, ed ecco di fronte a me una casa di pietra, una porta.

La apre lei, è mia nonna, mi sorride di gioia sono una bambina, lei contenta mi dice di entrare.

Sento il profumo di aglio sul olio, di carne alla brace, di pomodoro appena sfregato sul pane.

Devo frenare bruscamente, stavo per entrare si, ma dentro un burrone. Ho paura.

Meglio lasciar stare e andare dritti. Sarebbe stato bello fermarsi a cena con Nonna, ma il tempo è tiranno ed io ho solo quello di una corsa , avvolte pericolosa.

E’ notte e il sole è tramontato, continuo a cercare nelle luci delle case degli altri una porta in cui poter entrare. Cerco una casa che non trovo, un posticino in cui poter prolungare la mia domenica alla ricerca di quello che non so che cosa è e di cui senza sto male.

Una luce in una finestra mi restituisce la tristezza di un giorno che muore e di chi dentro ora guarda la tv prima di farsi consolare dal sonno.

Io fuori sono sveglia a vegliare su di lui per qualche secondo, mentre ogni tanto guardo il cielo offuscato dalle luci che appaiono sulla strada.

Le luci delle case sono spente ed io in punta di piedi entro sotto il portone illuminato da una piccola lampadina che pende da un piccolo tetto spiovente. Vorrei aprirlo ma è chiuso, vado via meglio non disturbare.

Due secondi ed eccomi sono arrivata a casa mia.

Guardo la mia finestra, nessuna luce dentro.

Vado ad accenderla per chi come me la domenica è in cerca di casa.

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  1. Avatar di Allium
  2. Avatar di Martina

    “Quante ricchezze ha l’uomo nell’intimo, eppure non scava..” Sant’Agostino Struggente e sorprendente avere la possibilità, grazie all’anima della scrittrice, di…

  3. Avatar di Martina

    Immobilizzata, giusto a punto. Riga dopo riga, sorpresa continua..come una matriosca. Questa lettura mi ha dato e tolto il fiato

  4. Avatar di Allium
  5. Avatar di Paco